Presentazione
'SONORITA' E SILENZI'.
Mostra personale di Massimo Meucci
A cura di Virgilio Patarini
Dalla notte dei tempi l’uomo lascia segni del suo passaggio, tracce della sua esistenza sulla materia inerte. E da sempre quel gesto, quell’azione ha un valore magico, rituale. E le tracce, i segni che ne derivano hanno un’aura di sacralità che non solo si riverbera sulla materia che li riceve, ma che dalla materia stessa ricava linfa, consistenza, valore aggiunto, slittamenti, arricchimenti di senso. Scrivere di Massimo Meucci ci consente di indagare proprio questo: il rapporto che intercorre tra gesto, traccia e materia, a partire da un ripensamento critico, da una sorta di rivisitazione contemporanea dell’action painting di Pollock e Vedova, che in alcune delle ultime opere (vedi “Oltre” del 2008, e “Cosmocuore”) si evolve, diventa intellettualmente raffinato, affidandosi sul piano esecutivo ad una serie di griglie geometriche che imbrigliano e circoscrivono gli interventi gestuali, come a suggerirne una messa “tra virgolette”. È come se l’artista di Campi Bisenzio, dopo aver frequentato a lungo un approccio ortodosso all’espressionismo astratto, con il consueto apparato di dripping e colature e decisi impatti cromatici fatti di forti contrasti e materiali aggettanti, avesse cominciato a ripensare alla sua pittura da una certa distanza critica, con un rapporto dialettico che recupera spazio per aspetti più razionali e controllati rispetto al consueto e consolidato approccio “emotivo” alla tela e al gesto pittorico. Egli infatti ora contrappone all’aspetto spiccatamente dionisiaco del gettare “selvaggiamente” colore sulla tela quello di marca apollinea del costruire una scansione dello spazio lungo assi ortogonali o diagonali, metafora visiva di una ragione “quadrata”, cartesiana, che si contrappone e tiene sotto controllo il magma incandescente degli impulsi irrazionali, emotivi. E così, dopo una lunga stagione dionisiaca, Massimo Meucci imprigiona la danza di Dioniso nel recinto di Apollo. (VP)