NOTA BIOGRAFICA
Ersilietta Gabrielli nasce a Pergola, nelle Marche, e fin da bambina rivela talento e interesse innato per l’arte. Di quel periodo restano pochi disegni, dipinti ad olio e, soprattutto, una grande anfora con scene mitologiche dipinte. Poi, per un lungo periodo la vita le riserva uno scenario completamente diverso nel quale tuttavia, a ben guardare, sono ugualmente presenti elementi assolutamente personali di tipo creativo: si laurea in Lettere e insegna nella Scuola Media, impegnandosi in attività sperimentali nelle quali le “materie” di insegnamento – l’italiano, la storia, la geografia – lungi da essere viste come “programmi da svolgere”, costituiscono per lei un pretesto per la “promozione” dello sviluppo umano dei ragazzi e della loro crescita culturale.
Nonostante il successo che questo approccio le procura nel rapporto con i ragazzi (insieme peraltro con l’insofferenza verso la burocrazia purtroppo molto presente nella scuola tradizionale), Ersilietta non resiste al richiamo dell’arte. Appena le è possibile, lascia la scuola e ritorna verso il suo alveo naturale del linguaggio artistico.
Va anche detto che in questa evoluzione forse non è ininfluente il contesto in cui vive. Quando lascia la scuola, Ersilietta abita ad Urbino, dove aveva conosciuto una figura assolutamente originale di “maestro ceramista” che, oltre ad essere un esperto di “ceramica raku”, andava ben oltre la tecnica, verso un diverso messaggio e una più sofferta ricerca di senso dello stesso “fare ceramica”. Tutto questo nel clima di Urbino, dove si respira anche senza volerlo qualcosa di Raffaello, del Duca Federico e di Francesco di Giorgio Martini e da dove, anche allontanandosi di molto e nel tempo, è impossibile togliersi dalla mente i torricini del Palazzo Ducale.
Ci avviciniamo al punto centrale dello sviluppo artistico di Ersilietta Gabrielli: dopo l’innesco urbinate, torna con la famiglia a Roma dove rimane per quasi quindici anni dedicandosi alla realizzazione di opere in ceramica raku e alla fusione del vetro, ricercando e sperimentando forme, colori e combinazioni di materiali diversi.
Partecipa a Roma alle prime mostre e manifestazioni fin dagli anni ’90 (ad esempio: 1993, Roma, Collettiva presso l’Ambasciata di Romania; 1994, Sassoferrato (AN), XLIV Premio Salvi, con Premio di Rappresentanza; 1995, Roma, Trastevere, Personale “La Materia e il Sogno”; 1997, Spoleto, Festival dei due Mondi, con premio per “ampio riconoscimento del pubblico”) ottenendo apprezzamenti e riconoscimenti. Le vengono riconosciute caratteristiche assolutamente originali (“… La registrazione del fluire del tempo, del comporsi, del disgregarsi degli elementi fondamentali, terra, acqua, fuoco, nella assoluta originalità delle sue definizioni formali, come radici dell’essere, come urgenza di sollecitazioni primordiali…”, Nicolina Bianchi, Annuario d’Arte moderna, A.C.C.A. in Arte, Roma 1998, pg. 521). Nel 1998 con il trasferimento a Milano si chiude per certi versi anche il “periodo romano”, caratterizzato dai grandi “tondi” dai titoli evocativi: “Ricordo di un altro mondo”, “Piatto lunare”, “Stato primordiale”, e dalle opere dedicate a Primo Levi.
Il periodo milanese comporta nella creazione di Ersilietta Gabrielli anche un’innovazione tecnica – il raku nudo – che integra la versione tradizionale del raku consentendole una migliore efficacia nella realizzazione di figure e gruppi dai volti soltanto morbidamente accennati, che riuniscono in modo inscindibile gli aspetti individuale che corale. Fanno parte di questa produzione i gruppi “Dachau, l’ultima passeggiata” e “Lavorare stanca… non solo… ” ed anche il più astratto “Sei la terra e la morte”, dedicato a Pavese. Al Premio Pavese ottiene diversi riconoscimenti in questi ultimi anni. Fra gli altri, va inoltre ricordato nel 2010 il Premio per la Scultura alla Mostra Internazionale Italia Arte di Torino. Sempre nel 2010 con il gruppo “Dachau, l’ultima passeggiata” vince alla Galleria Zamenhof di Milano il “Premio Lucio Fontana” per l’opera più originale.
NOTA CRITICA
La maestria dell’artista, eccezionale interprete della ceramica raku, si fonde con una costruzione scenografica d’impatto e con una concettualità profonda del linguaggio espressivo”.
(Guido Folco, Internazionale Torino, Villa Gualino, 2011)