NOTA CRITICA
Silvio Natali nelle sue tele variopinte e corsive coniuga il magistero di Leonardo Da Vinci con le suggestioni di Keith Haring. Sulla scorta dell’insegnamento del sommo toscano, infatti, l’artista marchigiano pone con decisione e consapevolezza il disegno alla base delle sue composizioni: un segno tanto rapido, corsivo, quanto sintetico e controllato, che definisce e circoscrive ogni elemento figurativo secondo linee essenziali, di vaga ispirazione fumettistica e pop. Dal fumetto la pittura di Natali attinge la stilizzazione del disegno e la resa immediata delle figure e dei paesaggi; dall’immaginario pop un certo gusto spiccato per i colori eccessivi, sgargianti, virati in tonalità spiazzanti, per gli accostamenti acidi e per una stesura del colore ‘a plat’ in ampie o minute porzioni di tela. E poi c’è questa sorta di ‘orror vacui’, questo bisogno profondo e viscerale, irrefrenabile, di riempire di segni, disegni guizzanti e colorati, ogni spazio libero dalla superficie, che porta l’artista di Corridonia a vergare arabeschi in ogni porzione di tela lasciata libera dalle masse delle figure e degli elementi principali della composizione. Balza all’occhio nella fattispecie la similitudine con la proliferazione di omini e ghirigori sulle tele di Keith Haring. Si crea in definitiva un rapporto dinamico e dialettico, sul piano visivo, tra colore piatto e disegno corsivo. Forse si tratta di un rapporto di tipo ‘ritmico-musicale’ che guida la percezione dell’opera: lo sguardo accellera nel seguire le volute nervose, rapide e decorative del disegno, e rallenta, fa una pausa, quando si posa sulle ampie, riposanti campiture di colore piatto. In questo il fruitore è portato a seguire passo passo il ritmo che l’artista ha a sua volta seguito nell’esecuzione dell’opera, e con l’artista, col flusso inquieto e imprevedibile dei suoi pensieri, col suo respiro, con la danza della sua mano sulla tela, entra in empatica sintonia.
Virgilio Patarini